La guerra delle trasmissioni fra tv tradizionale e streaming video si sta facendo sempre più serrata. Grazie alla vastissima offerta dei programmi, pare che gli utenti gradiscano sempre più l’opzione online. Il 5G è il fattore che sta accelerando il cambiamento.
Lo scorso anno si è conclusa l’asta per l’assegnazione delle frequenze destinate al 5G, i cui blocchi, messi all’asta dal MISE, sono stati suddivisi in 5 lotti per la banda 700 MHz FDD, 4 lotti per la banda 3.700 MHz e 5 lotti per la banda 26 GHz. Tuttavia, quello che forse non tutti sanno, è che le emittenti televisive utilizzano proprio la banda dei 700 MHz. L’assegnazione di queste frequenze agli operatori telefonici per implementare le reti 5G ha generato quindi l’esigenza di dover riorganizzare lo spettro di frequenze tv rimanenti, utilizzando il nuovo standard digitale terrestre di seconda generazione, chiamato anche DVB-T2. Questo standard si basa su un algoritmo di compressione che permetterà alle emittenti di trasmettere più canali utilizzando una frequenza ristretta. Con l’entrata in funzione del 5G sarà quindi necessario per tutti i televisori che non sono dotati di codec DVB-T2, acquistare un nuovo decoder poiché quello integrato negli apparecchi non sarà più in grado di codificare il nuovo segnale. Il conto alla rovescia è cominciato: l’anno prossimo si procederà allo sgombero delle frequenze destinate al 5G per poi dare inizio alla transizione delle emittenti televisive dalle vecchie alle nuove frequenze, partendo dal 1° Settembre 2021 per concludersi definitivamente il 1° Luglio 2022 (1). Questo rappresenta un problema non da poco: moltissimi utenti si troveranno a dover decidere se rottamare il proprio apparecchio e sfruttare l’incentivo statale disponibile fino alla fine del 2022, oppure dotarsi dei nuovi decoder DVB-T2. La domanda ovvia è: quanti cambieranno tv o acquisteranno un decoder e quanti invece coglieranno l’occasione per sterzare verso le trasmissioni online?
Gli anziani sono svantaggiati
Non è difficile farsi già ora un’idea su come andrà a finire: la popolazione più anziana probabilmente deciderà di acquistare i decoder in quanto risulta essere svantaggiata dalla veloce evoluzione tecnologica verso cui non tutti riescono a tenere il passo. Se si considera che la definitiva transizione del segnale tv da analogico a digitale risale solo al 2012, in poco più di 7 anni il pubblico meno avvezzo alla tecnologia si ritroverà nuovamente a fare i conti con il cambiamento e, in ogni caso, a mettere mano al portafogli.
Verso la personalizzazione
Le esigenze del consumatore si stanno orientando verso la personalizzazione del prodotto. Sono oramai moltissime le possibilità di scegliere un qualsiasi bene e modificarlo secondo i propri gusti. Anche nell’ambito delle trasmissioni esiste questa opzione, concretizzata dai servizi di streaming a pagamento e dalle piattaforme televisive online. Con l’avvento della televisione digitale è iniziata una nuova impostazione dei canali che moltiplicandosi velocemente hanno dato origine a nuovi programmi a tema, così come molte emittenti che fino ad allora facevano parte della piattaforma a pagamento sono state rese disponibili in chiaro. In ambito web, l’incremento di velocità della rete e la sempre maggiore disponibilità della fibra, ha suggerito alle emittenti lo sviluppo di piattaforme on demand. Da qui il passo è stato ancora più breve con il proliferare di canali in rete che propongono i loro palinsesti a pagamento. Cosa possiamo aspettarci dalla tv nei prossimi anni? Qualche indizio c’è già: il pubblico mostra una preferenza sempre più crescente verso l’online. Secondo i dati dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, gli abbonamenti a pay tv in streaming sono cresciuti dall’8% al 19% nel periodo 2018-19, che tradotto in numeri significa 7,6 milioni di utenti che utilizzano questi servizi. Con la vita che diventa sempre più frenetica e si ha sempre meno tempo libero a causa di mille impegni, ognuno di noi riuscirà a godersi il proprio programma preferito in differita, nell’orario più comodo oppure interrompere la visione per poterla riprendere in seguito. Probabilmente sono proprio questi i principali fattori di gradimento della tv in streaming, rappresentati dal vantaggio di poter stabilire un palinsesto ad-hoc, localizzabile in ogni luogo e, cosa importantissima, decidendo il quando. Tutto ciò non è mai stato possibile con la tv tradizionale.
Lo streaming conviene davvero?
Rispetto al canone tv che viene annualmente inserito in bolletta, lo streaming conviene davvero? Facendo una rapida ricerca in rete, le offerte mensili per le tv online partono da 6-7 € e possono arrivare a oltre 50 €. Questa grande differenza di prezzo è strettamente relazionata alle “esigenze” e alla scelta dei pacchetti a tema. Il canone annuo per la tv di Stato è di 90 euro, con la possibilità di poter usufruire di centinaia di canali. Dal confronto fra le due tipologie di tv, il costo per le trasmissioni online è di gran lunga superiore rispetto alla tv tradizionale, ma si sa, le comodità e i plus si pagano. La tv tradizionale oramai non riesce più a tenere il passo con i crescenti costi dei diritti televisivi; calcio, F1 e tutti gli altri sport popolari così come l’industria cinematografica e dell’intrattenimento, hanno contribuito alla proliferazione di molti provider. Probabilmente la televisione così come siamo abituati a conoscerla andrà inesorabilmente a scomparire e verrà soppiantato il sistema di trasmissione classico. La conseguenza nell’immediato futuro potrebbe essere l’aumento ulteriore delle proposte di intrattenimento con l’inevitabile guerra dei prezzi.
Chi non si muove è perduto
I grandi colossi online dell’intrattenimento hanno mezzi economici per produrre fiction, o film senza ricorrere a nessun aiuto dalle grandi case di produzione. Fino a poco tempo fa questo era possibile solamente a poche grandi emittenti. Qualcosa tuttavia sta cambiando anche in questo ambito: la Rai, ad esempio, sta iniziando a puntare decisamente sull’opzione on demand. La prova di ciò è Il programma di Fiorello che infatti è disponibile esclusivamente sulla piattaforma Raiplay. Questa scelta rappresenta non solo un ottimo banco di prova per testare il gradimento degli spettatori verso la piattaforma, ma probabilmente è la strada giusta da percorrere per sopravvivere a competitor agguerriti che hanno a disposizione budget stellari.
(1) Le date di transizione delle frequenze nelle varie regioni
Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino–Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna: dal 1/9/2021 al 31/12/2021
Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania e Sardegna: dal 1/1/2022 al 31/3/2022
Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia: dal 1/4/2022 al 20/6/2022