La nuova guerra fredda si fa a (millimetrici) colpi d’ onda
L’avvento, ormai prossimo, della tecnologia 5G permette di ottenere prestazioni e velocità molto più elevate dell’attuale 4G e offrirà un valido strumento per l’industria e per le telecomunicazioni.
Il 5G è una rete che utilizza range di frequenze di trasmissione (da 700 Mhz a 26 Ghz) che verranno utilizzate per la trasmissione di dati. Questa rete espressamente studiata per l’IoT, rispetto al 4G LTE, sarà infinitamente più veloce, avrà ridotta latenza e favorirà le performance di connessione. Sarà in grado di sopportare la connessione di milioni di dispositivi, e quindi il transito di un’infinità di dati. I dispositivi combinati con i sistemi cloud faranno parte dell’IoT nel processo di digitalizzazione industriale, nella creazione delle smart City, nell’automotive (vetture a guida autonoma) e nella telefonia.
Con le nuove frequenze si realizzeranno numerosissime implementazioni nel mondo industriale come la digital manufacturing, ad esempio, tramite IoT accelerando quindi al ritmo di 1 Gb/s tutta una serie di ammodernamenti già in atto. Già dal prossimo anno entreranno in funzione le prime reti operative dedicate e si prevedono vendite di smartphone 5G pari a 1mln su un complessivo di 1,5 mld fra 4G e 5G (fonte Deloitte Tmt Predictions 2019). La diffusione sarà comunque lenta tanto che, nel 2025, la percentuale di connessioni al 5G prevista non supererà il 14%.
La recente politica Trump e la messa al bando da parte degli USA di un noto brand di telefonia asiatico già pronto a supportare reti 5G, coinvolge anche la Russia la quale osteggia l’utilizzo delle nuove reti per un probabile tentativo di rallentamento dell’egemonia statunitense. Questo scenario ripropone il tema della guerra fredda seppur in contesti completamente diversi da quelli di 60 anni fa.
Oltre agli esponenti dei vari Stati che hanno pareri differenti a riguardo, anche l’opinione mondiale si spacca in due: da una parte si schierano gli ipertecnologici e le industrie che caldeggiano l’arrivo del 5G, mentre dall’altra parte troviamo ambientalisti e detrattori che urlano al boicottaggio. Il tutto ovviamente è alimentato da interessi economici e di potere, da una schiera di timori e perplessità indotti dalla poca chiarezza di ciò che viene riportato, per esempio dalle fake news.
E in Italia? Nel 2018 si è svolta l’asta per l’aggiudicazione delle frequenze dedicate alla quale hanno partecipato i maggiori gestori delle telecomunicazioni: 700 Mhz, 3700 Mhz e 26 Ghz sono le tre bande che verranno utilizzate.
Si prospetta forse il “tutto pronto” anche da noi? Sì e no. Dal 2017 ad oggi sono stati effettuati numerosi test su impianti pilota situati nelle principali città. Si stima che l’entrata in funzione del servizio al pubblico slitti al 2022 data che segna inoltre la cessione delle frequenze televisive da 700 Mhz ai gestori della telefonia.
Il dibattito si protrae anche per quanto riguarda la possibile nocività delle onde millimetriche: affermazioni e ipotesi che comunque non sono supportate da dati scientifici ufficiali che ne confermino o ne smentiscano la fondatezza.
Occorre tuttavia considerare che in Italia esistono regole molto rigide nell’ambito radio trasmissioni a tutela della salute, ma ciò rappresenta un rallentamento ulteriore per proseguire la diffusione del 5G. Basti pensare però che gli attuali televisori funzionano proprio sulla stessa banda, la prima da 700 Mhz, che andrà ad essere utilizzata per la telefonia. Probabilmente è giunto il momento di effettuare studi molto più specifici riguardo le nuove frequenze, per capire se possono davvero rappresentare un rischio per la salute. Non è più possibile attendere, la mancanza di un adeguamento delle nostre normative sulle radiofrequenze potrebbe ripercuotersi sullo sviluppo economico frenandolo ulteriormente ed aumentando il divario già esistente con gli stati membri più avanzati.